"""""""""SENTENZA N. 287
ANNO 2012
LA CORTE COSTITUZIONALE
(...)
nei
giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 11 del decreto-legge 13 agosto
2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per
lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n.
148, promossi con autonomi ricorsi dalle Regioni Toscana, Emilia-Romagna,
Liguria, Umbria e dalla Regione autonoma Sardegna, (...)
2.— La presente
decisione ha ad oggetto unicamente l’impugnazione dell’art. 11 del citato
decreto-legge, il cui contenuto è il seguente: «1. I tirocini formativi e di
orientamento possono essere promossi unicamente da soggetti in possesso degli
specifici requisiti preventivamente determinati dalle normative regionali in
funzione di idonee garanzie all’espletamento delle iniziative medesime. Fatta
eccezione per i disabili, gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, i soggetti
in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti e i condannati
ammessi a misure alternative di
detenzione, i tirocini formativi e di
orientamento non curriculari non possono avere una durata superiore a sei mesi,
proroghe comprese, e possono essere promossi unicamente a favore di
neo-diplomati o neo-laureati entro e non oltre dodici mesi dal conseguimento del
relativo titolo di studio. 2. In assenza di specifiche regolamentazioni
regionali trovano applicazione, per quanto compatibili con le disposizioni di
cui al comma che precede, l’articolo 18 della legge 24 giugno 1997 n. 196 e il
relativo regolamento di attuazione».
3.— Le Regioni Emilia-Romagna, Liguria
ed Umbria, in termini analoghi, lamentano che le disposizioni impugnate violino
l’art. 117, quarto comma, Cost., in quanto, disciplinando i tirocini formativi e
di orientamento non curriculari, dettano una normativa che rientra nella materia
di competenza regionale residuale inerente la «istruzione e formazione
professionale».
(...)
3.— I ricorsi sono fondati. La giurisprudenza di
questa Corte ha chiarito che, dopo la riforma costituzionale del 2001, la
competenza esclusiva delle Regioni in materia di istruzione e formazione
professionale «riguarda la istruzione e la formazione professionale pubbliche
che possono essere impartite sia negli istituti scolastici a ciò destinati, sia
mediante strutture proprie che le singole Regioni possano approntare in
relazione alle peculiarità delle realtà locali, sia in organismi privati con i
quali vengano stipulati accordi» (sentenza n. 50 del 2005). Viceversa, la
disciplina della formazione interna – ossia quella formazione che i datori di
lavoro offrono in ambito aziendale ai propri dipendenti – di per sé non rientra
nella menzionata materia, né in altre di competenza regionale; essa, essendo
intimamente connessa con il sinallagma contrattuale, attiene all’ordinamento
civile, sicché spetta allo Stato stabilire la relativa normativa (sentenza n. 24
del 2007).
La giurisprudenza successiva ha avuto modo di precisare,
peraltro, che i due titoli di competenza non sempre appaiono «allo stato puro»
(così la sentenza n. 176 del 2010 in relazione al regime dell’apprendistato), ed
ha chiarito che il nucleo «di tale competenza, che in linea di principio non può
venire sottratto al legislatore regionale (…) – al di fuori del sistema
scolastico secondario superiore, universitario e post-universitario – cade
sull’addestramento teorico e pratico offerto o prescritto obbligatoriamente
(sentenza n. 372 del 1989) al lavoratore o comunque a chi aspiri al lavoro: in
tal modo, la sfera di attribuzione legislativa regionale di carattere residuale
viene a distinguersi sia dalla competenza concorrente in materia di istruzione
(sentenza n. 309 del 2010), sia
da quella, anch’essa ripartita, in materia
di professioni (art. 117, terzo comma, Cost.), nel quadro della esclusiva
potestà statale di dettare le norme generali sull’istruzione (art. 117, secondo
comma, lettera n, Cost.)» (così la sentenza n. 108 del 2012).
Il titolo di
competenza residuale ora richiamato si applica anche alla Regione Sardegna, in
virtù della clausola di maggior favore di cui al citato art. 10 della legge
cost. n. 3 del 2001.
4.— Ora, alla luce del menzionato, costante
orientamento di questa Corte, appare evidente che il censurato art. 11 si pone
in contrasto con l’art. 117, quarto comma, Cost., poiché va ad invadere un
territorio di competenza normativa residuale delle Regioni.
Il comma 1 della
disposizione, infatti, interviene a stabilire i requisiti che devono essere
posseduti dai soggetti che promuovono i tirocini formativi e di orientamento. La
seconda parte del medesimo comma, poi, dispone che, fatta eccezione per una
serie di categorie ivi indicate, i tirocini formativi e di orientamento non
curricolari non possono avere una durata superiore a sei mesi, proroghe
comprese, e possono essere rivolti solo ad una determinata platea di
beneficiari. In questo modo, però, la legge statale – pur rinviando, nella
citata prima parte del comma 1, ai requisiti «preventivamente determinati dalle
normative regionali» – interviene comunque in via diretta in una materia che non
ha nulla a che vedere con la formazione aziendale.
D’altra parte, che la
normativa in esame costituisca un’indebita invasione dello Stato in una materia
di competenza residuale delle Regioni è confermato dal comma 2 del censurato
art. 11, il quale stabilisce la diretta applicazione – in caso di inerzia delle
Regioni – di una normativa statale, ossia l’art. 18 della legge n. 196 del 1997
– peraltro risalente ad un momento storico antecedente l’entrata in vigore della
riforma costituzionale del 2001 – che prevede l’adozione di una disciplina volta
a «realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro e di agevolare le scelte
professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro, attraverso
iniziative di tirocini pratici e stages a favore di soggetti che hanno già
assolto l’obbligo scolastico».
(...)
è principio consolidato che il
titolo di competenza costituito dai livelli essenziali delle prestazioni – che
non individua una materia in senso stretto, quanto, invece, una competenza del
legislatore statale idonea ad investire tutte le materie (sentenza n. 322 del
2009) – «non può essere invocato se non in relazione a specifiche prestazioni
delle quali la normativa statale definisca il livello essenziale di erogazione
(sentenze n. 383 e n. 285 del 2005), mediante la determinazione dei relativi
standard strutturali e qualitativi, da garantire agli aventi diritto su tutto il
territorio nazionale in quanto concernenti il soddisfacimento di diritti civili
e sociali tutelati dalla Costituzione stessa» (sentenza n. 232 del 2011).
È
evidente, invece, che nel caso in esame si è fuori da simile previsione, e ciò a
prescindere da ogni valutazione in merito alle finalità perseguite con
l’intervento normativo statale.
6.— L’art. 11 del d.l. n. 138 del 2011,
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, pertanto, deve
essere dichiarato costituzionalmente illegittimo per violazione dell’art. 117,
quarto comma, della Costituzione
(...)
11 dicembre 2012.
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Sergio MATTARELLA, Redattore
Gabriella
MELATTI, Cancelliere
(...)"""""""""
venerdì 21 dicembre 2012
mercoledì 10 ottobre 2012
THYSSEN TERNI: NEL GOVERNO ABBIAMO QUALCUNO SVEGLIO COME L'OMINO SVIZZERO DELLO SPOT?
http://www.ilmessaggero.it/umbria/terni_acciaio_outokumpu/notizie/224701.shtml
Il destino della nostra industria nazionale (questo non è che l'ultimo episodio) appare ormai segnato. Figuriamoci poi l'indotto. Quello sarà spazzato via nel silenzio. Un disastro economico, produttivo e sociale. Eppure, qualche decennio fa, la parte più coraggiosa del Paese seppe comprendere come difendere gli apparati produttivi dal tentativo di smantellamento e distruzione di una potenza straniera occupante in ritirata fosse un dovere e un'emergenza. Non solo, invece, abbiamo perso delle infrastrutture materiali ma, quel che è più grave, siamo in mano a una classe dirigente priva di dignità e orgoglio nazionale. Ma anche in difetto di queste qualità ci accontenteremmo di furbizia, scaltrezza, abilità diplomatica al servizio, per una volta, degli interessi dell'Italia. Neppure questo. Qualcuno, tempo fa venne sbeffeggiato perchè sosteneva che le ambasciate italiane dovevano trasformarsi nei più grandi apparati di promozione dell'economia italiana all'estero. Ovviamente ci fu grande resistenza da parte del corpo diplomatico, concepito e strutturatosi per tutt'altre missioni e che intendeva continuare a lasciare agli avventurieri del commercio internazionale ogni vera iniziativa in merito, considerandola , dall'alto in basso, troppo volgare. E abbiamo perso pezzi sempre più grandi di mercato, a livello internazionale, a vantaggio di paesi più grintosi, intraprendenti e affamati. Ritardi della diplomazia, della classe politica ma anche di quella imprenditoriale, in generale e, purtroppo, anche da parte di quella di punta, più attenta agli interessi di bottega che a passare alla storia. Non ci sono stati più Mattei dopo Mattei. E ce ne accorgiamo ora. Come Paese siamo zero nell'economia mondiale, zero nelle istituzioni internazionali, salvando la faccia solo grazie alla Moda e alla dieta mediterranea. E non abbiamo scuse perchè sulla carta, dal punto di vista qualitativo (ma teorico) questo è (avrebbe dovuto essere) il governo più qualificato del dopoguerra. Viene il dubbio che i grandi personaggi che ne fanno parte , a loro volta, rapportino l'attivismo ai propri interessi privati. Ecco, forse per recuperare quanto di italiano c'è nello stabilimento di Terni, per mantenerlo integro, per interloquire con imprenditori anche esteri interessati a continuare a farlo lavorare, per creare a livello internazionale le condizioni politiche e di mercato affinchè ciò avvenga, non ci vorrebbe poi tanto. Basterebbe un Ministro dello Sviluppo Economico che avesse la stessa voglia di impegnarsi per il proprio Paese (e non questa volta solo in nome dei propri rapporti economici personali passati) che dimostra l'omino svizzero dello spot pubblicitario.
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